martedì 15 marzo 2011

SETA

28 febbraio 2009
Una piccola macchiolina di sangue campeggiava sul bordo di quella pagina.Ricordava benissimo quando si tagliò.Era una mattina di primavera,quando il sole riscalda timidamente le città facendo nascere qualche sorriso.Quella mattina sentiva ancora la bocca impastata dalla notte precedente,la testa le doleva ed il trucco la rendeva simile ad un vecchio oblò rigato dal sale.Alzandosi dal letto era inciampata in un vecchio libro che le era stato regalato dalla madre il giorno del suo matrimonio,come voleva una tradizione di famiglia.Da quando il marito era scomparso lei aveva lo aveva confinato sotto il letto,cercando di allontanare dal suo cuore quel dolore prematuro.Era un vecchio libro di poesie francesi,con la copertina rossa rilegata a mano.Aveva sempre associato la sua infanzia a quel profumo,forse perchè la madre soleva leggerglielo ogni sera.Quando si rese conti di aver urtato proprio quel volume,lo raccolse e se lo portò al petto.Poteva percepire ancora il sorriso del marito quando incrociava il suo sguardo innamorato.Si vestì in fretta ed uscì in strada stringendo il prezioso dolore tra le mani.vagava senza meta in balia dei suoi sentimenti immersa nella folla.Giunse ai piedi di un colle,il sole era alto nel cielo,nell’ora senza ombre e s’incamminò lungo la salita.Vide un albero in lontananza e giunta nei sui pressi vi si coricò al di sotto.L’umidità dell’erba si trasferiva dolcemente sul suo abito provocandole qualche brivido.Aprì il libro ed inspirò profondamente tutti i ricordi che scapparono da quella prigione di carta.Trovò la poesia letta dalla madre il giorno del matrimonio,e con timore passò dolcemente la mano sulla pagina,sfiorando la carta ruvida.Incautamente si tagliò.Cadde una lacrima che si mescolò al sangue e scivolarono assieme verso terra.Chi passò di là disse di aver visto una giovane donna piangere.Nessuno seppe mai la causa del suo dolore.

COME IL ROMANTICISMO PERSE LA VERGINITà

23 marzo 2009
La fune era sfibrata in vari punti
eppure la barca non prendeva
il largo.Ad ogni sferzata di vento
si tratteneva aggrappata al molo
con tutte le sue forze.Perchè
quello era il suo molo,scrostato,
abbandonato,vecchio,forse non era il
migliore ma per lei era perfetto,
l’unico che desiderasse possedere,il solo al quale
volesse restare legata rinnegando la libertà e il mare sconfinato.
Le altre barche non comprendevano cosa ci fosse
di speciale tra i due e la barca non era in grado ma soprattutto
non voleva spiegarlo.Lui era il suo molo e sapeva che
nonostante tutte le mareggiate che l’avevano scossa lui
non l’aveva mai abbandonata,era sempre rimasto al suo fianco.
Lui la proteggeva e la rassicurava durante le tempeste
e quando brillava il sole l’allietava permettendole di cullarsi
sulle onde e appoggiarsi dolcemente a lui.
Si,quello era decisamente il suo molo.

ASINTOTO SOCIALE

C'era un odore fresco
Di montagna spruzzata di ghiaccio
La borsa gravava verso terra e pareva scorticarle la spalla.
"Dovrei lavare le scarpe"-Pensò J. indirizzando lo sguardo verso il selciato.
Aveva avvistato sull'altro lato della strada un angolino soleggiato nel bel mezzo della piazza e senza abbassare lo sguardo avanzava velocemente solcando in diagonale la ressa.Giunta nel posto desiderato lascio cadere senza troppa accortezza il bagaglio,piegò le ginocchia incastradole l'una nell'altra e si sedette coi suoi jeans consunti a terra-un gesto che poco si addice ad una signorina per bene-avrebbe detto suo madre-la stazione è un posto poco raccomandabile.Per lei non era assolutamente concepibile una trasgressione simile,lei che per oltre trent'anni non aveva fatto altro che rigovernare la casa e rammendare i calzini di un uomo calvo e pingue che si sbatteva la sua segretaria nel letto coniugale.Ma per J.era tutto così profondamente naturale,lei non ci badava e sua madre non poteva tollerare tutta questa spontaneità.E se reputava il sedersi a terra una trasgressione,figuriamoci cosa sarebbe successo se le avesse detto che il suo fidanzato Marco in realtà si chiamava Marta e che,particolare non trascurabile,vivevano assieme in un centro sociale,proprio dietro la stazione.Si sarebbe disperata.O peggio,avrebbe finto di non capire,di non sapere.Perchè era proprio questa la specialità di sua madre,l'omertà.
"Voglio il divorzio"-Le disse un giorno il marito
Tutto quello che lei riuscì a dire,sfoderando il suo sorriso di circostanza, fu:"Caro,il pranzo si fredda,vieni a tavola".
J. era fuggita da quella assurda realtà,la vita era insostenibile.Aveva fatto amicizia persino coi piccioni dei portici durante i mesi di permanenza,e possedeva due cartoni che chiamava letto.Ma era felice,tutto sarebbe stato meglio che avere sotto gli occhi quella follia dilagante chiamata famiglia.E a chi le diceva:"Quando arriverà l'inverno potrai morire assiderata,te ne rendi conto?"-rispondeva sempre con una disarmante tranquillità al suono di:"Se non altro,morirei in un luogo chiamato libera scelta"

mercoledì 9 marzo 2011

LIQUIRIZIA

Sformato ed innarrestabile giunge
Il nero
Petrolio liquoroso
Di radice amara.Fagocita
Senza pietà ogni anfratto
Niente più vita né morte
Solo appiccicoso liquame che ribolle
Con la sua densa personalità.
S’innalza ed incede goffamente,sovrastando
I fluttuanti animi.
Poi si dirige a sud,verso la distesa umida
Si immette incestuosamente nel blu
E con esso ricade
Nel silenzioso oblio della notte
Cancellando ogni traccia d’ossigeno