martedì 30 novembre 2010

RITORNO AD ITACA

30 novembre

L’aria umidiccia penetrò immediatamente nei miei antri : non v’erano dubbi,ero a casa. Erano trascorsi dieci anni dalla mia dipartita ma sembrava fosse stato solo un battito di ciglia. Tutto era rimasto immutato ed i miei occhi scrutavano nuovamente le stesse immagini di sempre:le pareti gialle della sede del partito erano scrostate nelle medesime parti, le strade fratturate sulle medesime curve,persino quell’odore di marcio che aleggiava nell’aria dopo la pioggia non era mutato. Mi venne subito voglia di ripartire ma nello stesso tempo un’indescrivibile malinconia dell’infanzia,quando finita la scuola correvo a casa ripercorrendo sempre la stessa strada, sfrecciavo davanti ai cassonetti,superavo la casa del dottore ed ero arrivata,ero a casa. La mia casa,quella che ora mi sovrasta minacciosa e riporta con sé strette imposizioni e rotoli di bugie che mi stringevo addosso. Vorrei poterla considerare ancora il mio rifugio ma non posso farlo,la mia casa ora è altrove e la mia persona anela ad una realtà ben differente da questa. Sono tornata solo per vedere mia madre,per sentire quel suo profumo,di fiori secchi,quello che aderiva alla mia pelle ad ogni abbraccio .Cerco istintivamente le chiavi,che sciocca,non le ho più da tempo,eppure quell’abitudine non se ne va. Allora mi decido a suonare. Indugio con l’indice mangiucchiato davanti al citofono,è d’ottone,freddo e consunto,poi suono.Il campanello rintocca fastidiosamente nella mia mente,il cancello si apre facendo lo stesso rumore delle zanzare che muoiono bruciate.
TCHZ
Mi tuffo,risalgo la corrente dei gradini bianchi e la vedo,mi corre incontro,mia madre. Mi stringe a sé con le lacrime agli occhi. Muschio bianco. Ha cambiato profumo,ma il corpo è quello di sempre,magro ed accogliente,dolce e profumato. Non voglio liberarmi da quella stretta,vorrei durassero per sempre quegli istanti,o forse temo semplicemente il contatto visivo e l’imbarazzo di non sapere cosa dire. Poi si stacca da me
“Ti ho comprato il the alle spezie che ti piace tanto” dice sorridendomi con la commozione che le stringe la gola.

NEON AL PASCOLO

26 novembre

Una coperta di luce gelata avvolgeva le linfatiche dita che screziavano l’oscurato coperchio. Era tutto spaventosamente vergine da confondermi ed il mio sguardo si smarriva continuamente,in epilettici battiti. Tutto era così terribilmente neve,che all’improvviso fui neve anch’io.

ELOGIO DELLA SOLITUDINE

28 ottobre

L’uomo,animale sociale,filantropo,dotato di una miriade di sfaccettature e sfumature psicologiche che lo differenziano da qualunque altro essere vivente .L’uomo ha la possibilità di DECIDERE come muoversi nel mondo e verso cosa tendere,anche se quella dell’operare delle scelte è solo un’illusione. Infatti non tutte le decisioni che prendiamo sono frutto da libero arbitrio del background di situazioni che ci attorniano. Pensiamo al concetto di gettatezza di Sartre:l’uomo non ha la capacità di decidere quando e dove venire al mondo,ragione per la quale sarà sempre animato da grandi enigmi senza risposta. Non parlo di predestinazione,quanto più di agenti esterni che ci influenzano,come un concetto estrapolato dal pensiero taoista insegna:la vita è un lungo fiume che scorre ed il suo greto è delimitato da argini e non possiamo dunque deviare il suo corso,ma semplicemente lasciarci andare e seguire il fluire della corrente. Non si parla di passività nei confronti della vita,ma di naturalezza,di una democrazia decisionale senza forzature e brusche risalite contro corrente. A questo si aggiungono turbolenze nelle quali inevitabilmente incappiamo nel corso della nostra esistenza e apporteranno delle modificazioni soprattutto i trascorsi avvenuti durante l’infanzia influenzeranno in larga parte la personalità dell’uomo adulto. Durante l’età puerile infatti si gettano le fondamenta per la costruzione dell’adulto. Questa visione è stata introdotta ex novo da John Locke ,il quale definiva la mente di un infante un foglio bianco sul quale si andranno ad imprimere le idee grazie all’esperienza. Benchè questo pensiero fosse molto rivoluzionario, il bambino venne considerato un adulto in miniatura fino al’700, e solo con Rousseau si inizierà ad assumere una visione puerocentrica nella psicologia. Da quel momento si iniziò a studiare a fondo la psicologia dell’adulto,andando a cercare il fattore eziologico di determinate anomalie comportamentali in trascorsi dell’infanzia. Il modo di gestire le relazioni interpersonali viene forgiato durante l’infanzia ed in particolare, secondo gli studi condotti da Mary Ainsworth,dal tipo di legame di attaccamento che il bambino sviluppa nei confronti della figura genitoriale : un attaccamento debole avrà delle gravi ripercussioni nell’ambito delle relazioni interpersonali, causando,ad esempio,isolamento e gravi “menomazioni sociali” . L’interazione sociale è il fulcro attorno al quale ruota l’esistenza umana, soprattutto nel contesto attuale dove l’altissima densità di popolazione ed i bombardamenti mediatici sembrano inviare taciti messaggi volti a cauterizzare e sotterrare il contatto con il proprio io. Questo “sfregamento antropologico” forzato sta creando notevoli danni alla psiche umana,sono solo a livello fisico,con l’insorgere esponenziale di stress ma soprattutto a livello mentale : l’assenza dell’altro porta infatti a concentrarsi sul proprio io, a riflettere e dialogare interiormente. Risulta quasi impossibile introiettare delle idee originali e diverse da quelle che ,come una pandemia di pidocchi,balzano da una mente all’altra. La solitudine “part time” è avvallata da numerosissime testimonianze,soprattutto lo è dalle lobby della letteratura .Prendiamo ad esempio la Bibbia,dove troviamo uno dei più conclamati episodi di solitudine terapeutica : Gesù ed i quaranta giorni nel deserto,a seguito dei quali egli raggiunse una maturità solenne ed aulica,quasi illuminata oserei dire e che probabilmente non avrebbe colto stando in contatto con altre persone. Scegliere dunque di restare soli non è un sintomo di misantropia latente,ma una scelta consapevole di un soggetto pensante al quale non basta vivere per luoghi comuni e rimasticare pensieri più volte “sverginati”. Questo rimanere in solitudine coincide sovente con un’immersione nella natura grezza,scelta inconscia sia di forgiatura romantica al retrogusto di Coleridge ed i suoi Daffodils, sia di stampo elegiaco alla Titiro che compone al flauto sotto un ampio faggio ombroso. V’era anche un Petrarca,il quale errava solo per i campi,errava <>. Pensoso e solo,binomio quasi inscindibile in quanto il bisogno di solitudine sfocia inevitabilmente nella riflessione. L’ascetismo naturalistico risulta avere un effetto placebo sulla mente umana, sublimando conflitti e stress quotidiani. Parliamo di quel pastore dell’ Asia che errava e si rivolgeva alla luna : immerso nella tranquillità agreste egli rivolgeva le sue domande alla luna,interlocutrice ideale. La natura divine personificazione di un compagno fittizio. L’uomo è assillato e perseguitato da grandi domani,non è una proiezione eroica ideale,va rifiutata in ogni termine,come d’altronde fece il poeta greco Archiloco,la Kalokagathia, che induce gli esseri umani a non riflettere e non conoscere i propri limiti. Per essere humanus,è necessario un giusto bilanciamento tra dialogo e silenzio; per apprezzare l’uno è necessario non escludere l’altro. Il rapporto solitudine-natura viene ripreso da un autore contemporaneo, Sergio Bambaren, il quale narra di dialoghi con “il grande blu”(il mare) e di viaggi lunghissimi con il solo scopo di rintanarsi in un angolo sperduto del globo per poter riflettere ed appurare che il mondo di oggi non è a misura d’uomo ma una follia dilagante . La solitudine,quando rappresenta il contrappeso per i momenti di ricreazione sociale non è deleteria .Continuando a bandire il restare da soli si rischia di assistere ad un’inversione di marcia,un’involuzione sociale che sfocerà in una crisi di sociopatia generale. Tale comportamento non è affatto sano,anzi,rappresenta un forte disagio . Spesso l’uomo è costretto alla solitudine forzata oppure soccombe all’idea che si nasca e si viva da soli. Prendiamo ad esempio una delle opere di Gabriel Garcia Marquez 100 anni di solitudine,. Il titolo è emblematico e sembra quasi non essere attinente alla trama,ma approfondendo la nostra indagine possiamo comprendere che la solitudine è la condizione di ogni essere umano all’interno del microcosmo,rappresentato dal susseguirsi delle generazioni,soggette al tempo ed alla morte. Evidenziamo dunque una situazione di estrema sfiducia nel pensiero della’autore, molto simile a quello rappresentato da Dino Buzzati ne Il deserto dei Tartari nel quale troviamo un uomo emarginato dalla società che attende solo la morte,unica via di salvezza. Questa visione della solitudine non gioca a favore della mia tesi,ma sono un chiaro esempio di persone che non hanno saputo giostrarsi tra gli estremi dell’isolamento e della vita di gruppo. Non sconfiniamo in comportamenti morbosi, non chiudiamo i canali di comunicazione con gli altri esseri umani come il “fortunato” Paolo Giordano scrive nella sua opera La solitudine dei numeri primi, bisogna essere abili e cercare di barcamenarsi in mezzo alle rapide imparando a capire che,come scriveva De Andrè nella sua Anime salve <>anche nella solitudine avremo sempre un fedelissimo compagno : noi stessi.

giovedì 25 novembre 2010

S'ei piace,ei lice

23 novembre
Stavamo sdraiati,con lo sguardo perso in quell'iperuranio voltato a botte.Il vento scompigliava i tuoi capelli corvini; i tuoi occhi erano più freddi delle immense distese di ghiaccio.
-stasera faremo l'amore,e a te piacerà-
Queste furono le premesse della storia d'amore più bella e breve di sempre.Io con il ventre stropicciato sotto la seta rosa,e tu con le tue mani grinzose e possenti.Questo eravamo,due sconosciuti gettati in un lurido giardino pubblico,ognuno immerso nella propria solitudine sconfinata.

domenica 14 novembre 2010

Picaresque

13 novembre
Impalpabili braccia tingono il mio crine abbandonato alla salsedine cristallizzata dalla notte,obliterando il mio ancestrale lamento mi attorniano,repentinamente mi intrappolano vincolando la ragione del mio essere all'inchiostro che fuoriesce da un ramo di plastica.Il vetro si schianta,la pioggia resuscita plasmando corpi dai movimenti sincopati,punteggiando le assenze delle mie giornate che affondano in uno sbadiglio.Sudore e mascara errano sul cotone vergine mentre inerte abbandono il mio sguardo nel violaceo crepuscolo.

Infarto d'autore

12 novembre
Una manciata di ricordi stantii sono sbriciolati nel cesto del pane.Arriva una mano,scura ed impregnata di sommessa dolcezza.Afferra con cautela le briciole,le avvicina alle labbra e le impregna di saliva.Mangia i miei dolori,dissetati dei miei fluidi,guarisci gli screzi della mia pelle.

3 gocce di sabbia

09 novembre
Fuggiva.Non scappava.Fuggiva.L'acqua rifletteva la luce,polverosa di nebbia.I binari erano lucidi e correvano lontan,oltre i suoi pensieri senza darle tregua l'avvolgevano,di demoni disegnati,graffiti emorragici che scorrevano sotto le sue occhiaie.Che bella lama,la chiave dorata che apre tutte le porte.Dammela,fammela scivolare in mezzo alle dita,in mezzo alla carne,squarciami ed apri il mio cancello.
Una goccia per dormire
Una goccia per fuggire
Una goccia per guarire

La iota sottoscritta

08 novembre

Carne,putrida e pesante.E' qui nella notte,si staglia nelle mie viscere infette di anni bagnati.Parole,capelli sporchi,fumo tra la stoffa ed una lampada blu,potrei riassumermi così.Il senso di colpa è nel mio letto,vomita emicranie polverose.Riaperto.Quel solco calcificato di osso duro,il collo senza aria,trachea spappolata,colon sull'asfalto.Fammi morire,fammi volare da lei.Buonanotte,vorrei poterlo urlare come un muezzin che richiama alla preghiera i fedeli.Era tutto chiuso nel catasto.Poi una burrasca,il cielo plumbeo,una piena salata mi ha invasa.Scopami e curami.La iota sottoscritta esiste,è una presenza materica incisa proprio in mezzo al culo dell'omega eppure nessuno la pronuncia.
Pronunciatemi,senza timore.

lunedì 8 novembre 2010

chiave di sol

06 novembre 2010

Quattro quarti. Diesis in chiave;il fa è un classico. Inzia ,accordo di sol,poi il pedale,forte s’intende. A discrezione del suonatore,o almeno così dice .Ecco,lo sento che arriva,un dialogo ossequioso,destra e sinistra si alternano e poi si intrecciano in un sublime climax armonico .Poi rallenta,variazione di tema,un bequadro piantagrane pare deviare le assonanze dolcissime ma ripeto,VARIAZIONE DI TEMA,suvvia!Ritorna alla partenza,poi una pausa;la cassa armonica rimbomba sorda,la chiave di basso è giunta ad annebbiare il cristallino allegretto,ma è solo una nube passeggera,poi la primavera torna a rintoccare serena nella mia mente. Una continua progressione di vibrazioni ininterrotta mi sta conducendo verso la fine;rallento, dilato una pausa, poi una legatura di valore,un accordo mi dà l’arrivederci,alla prossima Morte.

giovedì 14 ottobre 2010

CAZZO

22 settembre 2010
Scivola,con fare insolitamente timoroso,la mia mano come un vascello solitario alla deriva.Sulla tua schiena. E il tuo retro,indescrivibile piacere che si moltiplica e si espande mentre imperterrita incedo sulla tua schiena di bruna bellezza.Si intaglia nella mia mente il tuo sentore,brandelli di profumo mi cullano,sono qui,accanto a me nel nostro letto.Sento il mio corpo fremere per la lontananza,manca la tua pelle che scorre sulla mia,la liscia,la scalda.Rifuggo il vuoto,la geografia,le paranoie.Rifuggo il ricordo di questa sera,una banalità ci allontana,ci incattivisce.Vorrei chiudere gli occhi e trovarti adagiata sull’altra metà del cuscino,sentire le tue mani qui,sul mio corpo,nel mio corpo,mentre mi accarezzi dentro e fuori,mentre cancelli le mie paura.Cazzo.Vorrei poter cancellare i problemi dal mondo e scrollarmi di dosso le incomprensioni,sorriderti e fingere che non sia accaduto nulla.Invece cade una lacrima,stoica,amara,viscida e tu sei lontana,nuoti fra mille pensieri ai quali non posso dare nome.Tortura.Mi tortura l’idea di non sapere cosa vortica nella tua mente,mentre quello che sta nella mia non me lo posso scollare.

mercoledì 15 settembre 2010

SBIADITO


 8 settembre 2010
Così,all’improvviso i ricordi mi si stagliano nella mente,come uno scorcio di cielo azzurro che fa capolino tra le pesanti nubi.Quel parco,Londra ovviamente.Quel parco,sì,del quale non ricordo il nome,sbiadito,confuso,i contorni sono verdi,i cancelli dorati e il mio sorriso è bianco.Un accordo swingato danza rapidamente tracciando il percorso da seguire,It’s such a perfect day.E lo era sicuramente,uno dei tanti spensierati e pensierosi pomeriggi stravolti gettati al vento.Quelle immagini se ne stanno andando,stanno abbandonando progressivamente la mia mente e tu invece sei permeata dentro di me,ti sei sostituita a tutte le bellezze precedenti diventando il primato.Sei bella,a tal punto che le parole non bastano per descriverlo.Frase banale,quasi scontata ma talmente vera che mi spiazza.Ho perso il resto,ed ho trovato te.Ottimo compromesso mi pare.

lunedì 29 marzo 2010

MIELE DI CACTUS

21 marzo 2010

Per quel sudicio treno,che squarciando la nostra distanza lascia dietro di sé una striscia di angoscia,arriccia la mancanza di te,stordisce il natural scrorrere degli eventi ed inganna la razionalità. Mi hai colpita,come un dardo al centro della mela ed io ti.Ti ma è troppo forte,ti ma ho paura,ti ma è troppo presto.Presto rispetto a cosa poi,mi chiedo.Il tempo altro non è che una stupida convenzione creata dagli esseri umani ed io,ti devo confessare un segreto,con questi esseri grigi e privi di sogni,ho poco da spartire.E se improvvisamente decidessi che ogni secondo che passa in realtà sia un intero anno?Perchè con te,il tempo non esiste.Quando non ci sei non scorre mai,quando sei con me basta un battito di ciglia,e scompare.Dunque non aver paura”che sia troppo presto per”,buttati su di me,ti prenderò,lo prometto,ti solleverò nel mio palmo e non stringerò,lascerò filtrare i raggi migliori,e purificherò l’aria per te.Solo per te,nessun’altro.Perchè io ti.

martedì 9 marzo 2010

Came without a reason

20 FEBBRAIO 2010
Il tavolo umido.Ricordo ancora come ogni mattina adorassi farmi penetrare quell'umidiccio legname e percepire il sentore d tutte le persone che prima di me amarono quel giardino.Mi manca la porta blu, con quel dorato number one tatuato nel mezzo.Mi manca il rintocco profondo del vecchio pianoforte accompagnare ogni scroscio d'acqua.Sento ancora il cigolare dei gradini,di vittoriana vecchiaia,di giovanili avventure.Mi manca sgorgare tra centinaia di menti sulla linea più caotica,rincorrere un treno e rifiugiarmici senza respiro,abbracciando goffamente un caffè e reggendo un quotidiano.Se chiudo gli occhi posso ancora vedere il cestino della sigaretta pre lavoro,giusto a metà strada tra casa ed il Dairy.L'odore del gelato stanzia ancora nelle mie narici,mi lego i capelli e varco lo sportello,penna alla mano e leste gambe.Fuck off babe,I miss every single second of my english summer

venerdì 1 gennaio 2010

RESCUE ME

Gli abbracci di Clara,i pirli di Citta,,la panchina del 12 settembre,le ultime sigarette della giornata,le passeggiate a south bank,il gay pride,le telefonate con Marcela,le chiacchierate interminabili con Nico,le serate al b@one,il concerto dei modena,il primo giorno di scuola,il payday del dairy cafe,lo shopping a primark,il profumo di Carrara,Riminilatina,il 19 giugno,i nuovi incontri,ferragosto,la festa della radio,i martedì sera al Lio,il sorriso della Greta,le battute della eli,il coming out,gli sguardi della Laura,il rocky horror picture show,il ponte di hammersmith,lo smarrimento notturno per Purney,le giornate londinesi con Clara,il 5 settembre,quel ti amo mai detto,la gibson diavoletto,il 22 febbraio,la Bea.