martedì 17 maggio 2011

IMPICCAGIONE

-La poesia è inutile-

Lo urlò con convinzione il ragazzotto tarchiato.E di certo quegli occhiali retrò,come fossero un televisore degli anni '60 minavano la teoria di Lombroso che"quello lì c'ha la faccia da ignorante che non vuole avere niente a che fare con la cultura".Lui invece aveva la facoltà delle sue parole,lui che con la poesia aveva imparato a conviverci e tentato di viverci."Dopotutto-pensava-cosa cazzo è la poesia?" E' un ammasso informe di robaccia,come il sacchetto dell'indifferenziato nel quale ci si butta tutto quello scarto che non ha altra collocazione e che è,per l'appunto,inutile;perchè non lo puoi riciclare,non puoi considerarlo una sorta di fenice che risorge dalle proprie ceneri,è fine a se stesso e non fa altro che gettare altra merda in un pianeta che sta andando a picco.Entropia,ecco cos'è la poesia.Tanto vale ficcarsi due falangi in gola e rigurgitare in senso materiale il marasma interiore che ci opprime. E vaffanculo agli intellettuali che si ritrovano nei caffè letterari a discutere del verso alessandrino e dei neoavanguardisti.Sono tutte congetture mentali,nebulose ed intangibili masturbazioni craniche che non portano ad un cazzo nella vita.Prova tu a pagare il mutuo sproloquiando sull'endecasillabo sciolto.

venerdì 13 maggio 2011

CORIANDOLI

Questa sera l’aria sembra ricordare tanti piccoli asterischi colorati che entrano nelle mie caverne e portano immagini di leggerezza,di libertà giovanile e di sudore. Tutto si insegue come in una gara senza traguardo,prima il freddo,poi il caldo,poi il freddo. Niente di più e niente di meno,eppure ogni volta c’è sempre qualcosa di diverso dentro od attorno a noi che ci illude che sia tutto nuovo. Questa mattina ho incontrato una mia vecchia compagna dell’asilo. Me la ricordo ancora con le sue pesanti trecce bionde e i suoi fuseaux verde acqua. Mi ricordo i mille pomeriggi trascorsi a rincorrersi nei campi infiniti con il fieno,i cavalli e le ginocchia sporche di fango. Mi ricordo quando ci arrampicavamo sugli alberi per salvare i gattini e fingevamo di essere dei super eroi. Poi una maratona di lancette la ributta sul mio cammino,con i capelli corti,un sorriso da donna,un fidanzato,un figlio. E’ cambiato tutto,eppure il calore primaverile è lo stesso di sempre. Invece il tempo è passato, e siamo cresciute,siamo diventate grandi. Grandi come quando da bambina,rifugiata nel lettone dei miei immaginavo a come sarei stata a vent’anni,che ai tempi mi sembravano tanto lontani ed irraggiungibili. Eccoli qui invece. Pensavo al futuro senza preoccupazioni,senza timori,con un sorriso stampato sulla faccia e la sensazione che la mia infanzia non sarebbe mai finita. Ora pensare a cosa farò nei prossimi quindici anni della mia vita mi mette l’angoscia,il timore di non riuscire a raggiungere l’indipendenza,di non trovare un lavoro. Altro che avere quattro anni e credere che tuo padre ti costruirà una casa in giardino e che lavorerai come veterinaria con animali sani ed immortali.Non sono nemmeno un briciola simile alla persona che avrei voluto essere,perché ai tempi dire quando avrò vent’anni significava quando sarò adulta,grande,come la mamma ed il papà. Adesso mi guardo,e non mi sento per niente grande,mi sento ancora quella bambina tonda con le lentiggini e le guance rosse,con le ginocchia sporche di nero e tanta voglia di correre nei campi.

lunedì 9 maggio 2011

BROCCATO

Broccolo abbracciato
da un pingue petto di pollo.
Il bagnato lago iodato gonfia
le fibre morte
creando sporcizia indecomponibile,
numero primo di amminoacidi fortificati.
Fauci sbavano,di acquolina incestuosa
Si sbattono sul lenzuolo tinto,
di uva fermentata da alcolico spirito invecchiato.
Risate obese da arterie intasate
si appiccicano sull’intonaco
con catarrosi fotogrammi di cibi lobotomizzati.

GHIACCIO CANGIANTE

Volo artico tra nuvole colanti e tungsteno intermittente.
Planò a terra con un tonfo,
secco e schernito.
Le ali inorganiche si spensero
come un motore stanco.
Sentiva la vita scomparire come uno starnuto,
infetto di tempo imprigionato,
di vetri rotti e rossetto sbavato.
L’aurora boreale si stendeva nelle membra,
con un bagliore malato,
vulnerabile ed incompleto.
Ricaptazione serotoninica a terra ed iridi offuscate,
quello fu il suo ultimo risveglio.
Poi un manto ombroso,
umido ed eterno calò sul suo volto.
E tutto venne risucchiato con uno spargimento
di ceneri funebri.

INNO ALLA DECADENZA

Il capolinea della guancia era ormai sin troppo visibile.
Altro non era rimasto che un graffiato volto
impresso sulla pellicola ed una poltrona in pelle scolorita.
Mani ferite,dal peso dei secondi e dalle tante perdite,
occhi studiati da speleologi mentali ed un amaro ghigno.
Paresi convinta d’essere felicità
cristallizzava i muscoli di quel corpo marcio,
lasciandosi attorniare dai suoi ultimi anni
come fossero impercettibili fantasmi senza peso.

PVC

Dalla bocca sbavava
plastica fusa.
Puzzava,
di rappresa coagulazione chimica.
Sferette tondeggianti di gommose tinte
decoravano le lenzuola squarciate,
sporche di qualcosa che brucia.
Arde il corpo elastico e si deforma
lungo una traiettoria infinita
insozzando l’innocenza di una madre
sverginata dalla monotonia della sua esistenza.

martedì 3 maggio 2011

ZUCCHERO RETROATTIVO

Nelle tasche avevo i pugni serrati,colmi di saluti mai dati.
Ti vidi che ormai gli alberi erano feriti,
con rombi rossi attorno ai loro corpi.
Passo lento e molleggiato
di chi cammina senza meta
con la mente immersa in nebbiose congetture.
Estrassi settantadue muscoli per sorriderti
ma invano.
Tu passasti oltre.
Poi ti rividi,molta polvere e pochi sorrisi dopo
sentii una mano umida sfiorarmi il collo
e un sentore,come di mare mosso
nel profondo del mio stomaco.